Dischi che ho amato nel 2022
Dischi che ho amato nel 2022
Gospel – The Loser
hardcore/post-hardcore
A volte capita che già ad un primo ascolto un album ti colpisca nel cuore e nella mente, lasciandoti lì a pensare: “Ecco! Era questo il disco che aspettavo!”. Mi è successo con “The Loser” dei Gospel, una band post-qualcosa-core che non avevo mai sentito, forse perché hanno pubblicato solo un altro disco nel 2005. Feroce, cazzuto, dinamico, ma anche estremamente atmosferico grazie ad un uso esteso delle tastiere e dell’organo, strumento di cui non sono di solito un fan ma che qui viene utilizzato per sottolineare l’aggressività degli altri strumenti. Le canzoni sono al tempo stesso complesse e in-your-face, un hardcore che non ha nulla da invidiare ai tempi d’oro del passato, ma che porta il genere pienamente negli anni ‘20 del 2000. La ciliegina sulla torta a mio parere è la voce di Adam Dooling, un misto tra Scott Kelly dei Neurosis, un crooner e un qualche cantante di una band screamo anni ‘90 tipo Orchid. In ogni caso, posso dire con certezza che non solo questo è il mio disco del 2022, ma anche probabilmente uno dei miei dischi preferiti di sempre. È infatti riuscito a superare la barriera della meraviglia del primo ascolto e a farmi scoprire nuovi dettagli e nuove sfumature delle sue canzoni ad ogni nuova riproduzione. Straordinario.
Wormrot – Hiss
grindcore
GRINDCOOOOOOOOOOOOOOOOOORE! Al di là dei cliché, questo disco riesce ad abbattere le barriere tra i generi, impostando su una base 100% grindcore una serie di altri innesti che provengono da tutto il mondo della heavy music e non solo (leggi: passaggi atmosferici e strumenti musicali orientali). Uno schiaffo dopo l’altro, i Wormrot non scadono mai nel ridicolo, anche quando cantano in coro “When talking fails, it’s time for violence”. Se una band sa scrivere canzoni si riesce a capire anche attraverso il muro di suono assordante di un genere nato, diciamocelo, per dare fastidio, e io personalmente ho particolarmente apprezzato la scaletta, ovvero la scelta dell’ordine delle canzoni: perfettamente bilanciata tra momenti di assalto sonoro e momenti di stacco, necessari per gustare appieno l’assalto successivo. “Glass Shards”, la traccia di chiusura, è semplicemente un capolavoro.
King Gizzard & the Lizard Wizard – Ice, Death, Plantes, Lungs, Mushrooms and Lava
jazz fusion/jam
Mettiamo subito le cose in chiaro: non esiste altra band che io abbia ascoltato più dei King Gizzard negli ultimi 4 anni. Non solo sono affascinato dal loro immaginario visivo e musicale, ma mi trovo praticamente sempre ad apprezzare incondizionatamente tutto ciò che pubblicano (o quasi). In mezzo alla quantità enorme di materiale che pubblicano (23 dischi in 10 anni, innumerevoli live, 4 dischi di demo, e molto altro, per il momento), capita però ogni tanto che compaia un disco che sembra allinearsi con i miei pianeti interiori alla perfezione, qualcosa che tocca tutti i punti giusti. È questo il caso di Ice, Death, Planets, Lungs, Mushrooms and Lava, un titolo ridicolo ma che ti catapulta subito in un universo parallelo. Senza mezzi termini, è un disco di jam trasformate in forma canzone, con lunghe parti improvvisate che si focalizzano soprattutto su un jazz-fusion ibridato con quel garage-stoner-psichedelico marchio di fabbrica dei Gizz. Ciò che mi lascia così soddisfatto di queste tracce è soprattutto la grandissima varietà di melodie (soprattutto vocali) affiancate da passaggi che definirei “heavy-jazz”, qualsiasi cosa voglia dire. All’interno delle 7 lunghe tracce, comunque, credo ce ne sia per tutti i gusti, dal funk al post-rock e tutto ciò che ci sta in mezzo. “Ice V” e “Iron Lung” penso siano due tra le migliori canzoni che i King Gizzard abbiano mai pubblicato.
Denzel Curry – Melt my eyez See your future
hip hop
Ho gravitato per qualche anno nei dintorni di Denzel Curry, soprattutto da quando ha pubblicato la sua incredibile cover di “Bulls on Parade” dei Rage Against the Machine. Da allora però non ho mai davvero approfondito il suo percorso musicale, fino a quest’anno. Affascinato dal gusto estetico di questo nuovo album, ho deciso di dargli una possibilità più concreta, e mi faccio i complimenti per aver preso questa decisione! Quando si parla di hip hop sono un ascoltatore molto selettivo, e questo disco risponde a tutte le mie richieste riguardo al genere: beat caldi ma che spingono, strutture delle canzoni non scontate, flow e interpretazione mai banali, qualche banger e qualche traccia più conscious. E poi, una buona dose di crossover con altri mondi, sia musicali che culturali (vedi i numerosi riferimenti al Giappone e il ritornello Drum ‘n’ bass di Zatoichi). Infine, grandi collaborazioni, su tutte quelle con slowthai (autore di uno dei miei dischi del 2021, Tyron) e J.I.D (che troverete più avanti in questa lista). La cosa migliore di questo disco però è il songwriting, e in particolare il clamoroso terzetto iniziale “Melt Session #” – “Walkin” – “Worst Comes to Worst”, una più catchy dell’altra. Consigliato soprattutto a tutti i non fan dell’hip hop.
Verdena – Volevo magia
rock
I Verdena sono autori di uno dei miei dischi preferiti di sempre, ovvero Requiem (2007). Il mio problema con loro è che non sono mai riuscito ad appassionarmi a tutti i dischi prima e dopo di quello. Sapendo dell’uscita di Volevo Magia, ho deciso di dargli una chance concreta, con ascolti ripetuti. Ho finalmente trovato un disco che, anche se non al livello di Requiem, sicuramente riesce ad arrivarci molto vicino. La cosa che più mi piace di Volevo Magia è la varietà: le canzoni delicate sono davvero delicate e soavi, quelle veloci e pesanti sono DAVVERO pesanti (quando parte la title track sembra di aver messo su un altro disco). La produzione sporca del pollaio (ovvero: il loro studio di registrazione) è sempre una sicurezza per quanto riguarda la pasta e il calore del suono. Le tracce violente brillano di più delle tracce delicate (”Cielo Super Acceso” una delle migliori), ma il songwriting di queste ultime è davvero ai massimi livelli. Un’esperienza che vale il tempo che le si dedica.
Black Midi – Hellfire
brutal-prog/post-punk
Dopo il clamoroso Cavalcade del 2021, i Black Midi, ormai figure stabilmente ai vertici del panorama post-punk/nuova musica indipendente britannica, tornano con una specie di parte 2: Hellfire. Il marchio di fabbrica jazz-prog è confermato in questo lavoro, esattamente come lo spirito “teatrale” che contraddistingue la loro musica. Hellfire è però un’esperienza sicuramente più oscura e contorta di Cavalcade: la sezione fiati riesce a dar vita in alcune tracce a impressionanti e mostruosi passaggi ai limiti della una colonna sonora da colossal distopico, e i testi si addentrano in mondi assurdi e mai confortevoli. La voce recitata di Geordie Greep ci accompagna lungo questo viaggio allucinante, intervallata da quella più gentile ma anche più angosciante di Cameron Picton (come in “Eat Men Eat”, forse la mia preferita del disco). Non posso dire di aver amato ogni minuto di questo disco, soprattutto nelle parti in cui il vaudeville prende un po’ il sopravvento. Quello che sicuramente posso dire, però, è che questo disco è davvero un’esperienza unica, e ogni amante della musica in generale dovrebbe dagli almeno una possibilità.
Sault – Earth
soul/world music
Quest’anno il collettivo musicale britannico Sault ha dato sfogo alla creatività, pubblicando 6 album (di cui 5 a novembre), che spaziano dall’hip hop al funk, alla fusion fino alla musica cinematica (solo i King Gizzard rivaleggiano per quantità di uscite). Tra tutti questi dischi, quello che mi è rimasto nel cuore è Earth, un misto di jazz fusion, gospel, musica caraibica, funk, soul e r’n’b. In particolare la sezione ritmica mi ha donato piacevoli momenti di svago sonoro, in un momento della mia vita in cui tutto ciò che è “fusion” mi cattura inevitabilmente. Come sempre, le parti vocali sono curatissime, e la produzione non è da meno. Una boccata d’aria fresca.
Destrage – so much. too much.
mathcore
Non contando il fatto che conosco personalmente la band, non contando il fatto che Matteo di Gioia è il fondatore dello Studio in cui lavoro (The Jack Stupid), non contando il fatto che ho visto nascere questo disco, non contando il fatto che ne ho realizzato la copertina, questo disco rimane, a mio parere, uno dei migliori dell’anno. E, sempre a mio parere, probabilmente il migliore dei Destrage, o quanto meno quello che più si avvicina ai miei gusti musicali. Sempre in prima linea per quanto riguarda la sperimentazione nella heavy music, la band milanese vuole qui rinnovarsi e spingersi ancora più in là, che sia con l’inserimento di parti elettroniche (mai invadenti, per fortuna!) o con quella sottile ricerca del suono più cattivo e brutale possibile negli infiniti meandri delle canzoni. È un disco divertentissimo dalla prima all’ultima traccia, che regala soddisfazioni anche vicini alla conclusione (”Unisex Unibrow” la mia preferita), e che soprattutto non annoia anche grazie alla durata contenuta (43 minuti). Un piccolo gioiello che non ha niente da temere dai colossi internazionali.
Menzioni onorevoli
Rosalia – Motomami
pop sperimentale
Questo disco aveva tutti i presupposti per diventare uno dei dischi dell’anno, grazie alla sua fusione di musica latina, sperimentazione, raggaeton, jazz e molto altro. Alcune tracce sono davvero incredibili (Saoko, Bizcochito, Hentai), ma purtroppo l’esperienza completa dell’album risulta a volte frammentata. A tutti gli effetti è però un disco da ascoltare per chiunque voglia una boccata di aria fresca nel panorama pop contemporaneo.
Boris – Heavy Rocks 2022
stoner doom
Questa terza versione della serie Heavy Rocks dei giapponesi Boris ad un primo ascolto mi aveva oltremodo gasato. Unendo al loro consueto stoner-drone una serie di elementi vocali e strumentali inusuali (come strumenti a fiato) finora mai comparsi veramente nei mille volti con i quali si sono presentati a noi, i Boris cercano qui di innovare il loro suono. Credo ci siano riusciti, ma al tempo stesso temo anche sia un disco che dopo tre o quattro ascolti inizi a stancare. Avviso però che quei quattro ascolti valgono oro.
J.I.D – Forever Story
hip hop
Questo disco è nella sezione “menzioni onorevoli” solamente perché non ho avuto modo di approfondirlo davvero come avrei voluto. Credo però che sia uno dei migliori dischi hip hop che io abbia mai ascoltato: vario, ricco, aggressivo, dolce, divertente, prodotto come Dio comanda, con grandi collaborazioni e grandi beat. Una grande scoperta per me, che mai prima di quest’anno avevo sentito nominare J.I.D.
Soul Glo – Diaspora Problems
hardcore
Per molti è il disco HC dell’anno, e ne capisco i motivi: la parte strumentale è davvero una delle più brutali, veloci e al tempo stesso pulite degli ultimi anni, e la voce del cantante è davvero straziante, nel senso migliore del termine. Unito all’estetica e ai temi sociali della comunità afroamericana, è sicuramente un gran disco, anche se devo ammettere che a lungo andare inizia ad annoiare.
King Gizzard – Gizztober (Laminated Denim e Changes)
psychedelic rock/psychedelic pop
Ah sì! I King Gizzard hanno anche pubblicato altri 3 dischi quest’anno! E due di questi, Changes e Laminated Denim, in ottobre, insieme a Ice, Death. Il primo è un simpatico dischetto pop-funk-psych, di cui ho apprezzato tutte le canzoni ma che per ora non mi ha lasciato sconvolto; il secondo è un disco di due tracce da 15 minuti, “prequel” di Made in Timeland (vedi più sotto), composto da lunghe jam dal carattere spiccatamente psichedelico, che si avvicina come qualità a Ice, Death. In ogni caso, altre due grandi aggiunte al catalogo!
Melvins – Bad Mood Rising
sludge
Per tanti anni, ho ascoltato solo Melvins. Ho quindi una conoscenza abbastanza approfondita del loro catalogo, e posso dire che sicuramente questa uscita è una delle migliori degli ultimi anni. Dopo i recenti (e parzialmente deludenti) “A Walk with Love and Death” e “Working with God”, questo disco cambia passo dilatando la durata delle canzoni e puntando spesso su atmosfere più sospese intervallate a riff classic Melvins.
OFF! – Free LSD
hardcore
Discone fantastico per la attuale band di Keith Morris, storico componente dei Black Flag e soprattuto dei Circle Jerks. Riassumo in una frase: un disco punk hardcore contemporaneo con un gusto da grande classico, e una produzione di tutto rispetto. Bello!
King Gizzard – Omnium Gatherum
rock/psychedelic pop
Di pochissimo escluso dai miei “dischi amati”, Omnium Gatherum è il ventesimo disco dei Gizz, e serve un po’ da raccoltona piglia tutto. Come Oddments e Gumboot Soup (quest’ultimo nella mia top 5 Gizz), non presenta una narrativa coerente o un unico stile musicale, ma spazia in lungo e in largo in tutti i generi sperimentati in precedenza dalla band. Dai 18 minuti psych della opening “Dripping Tap”, passando per il Gizz-rap di “Sadie Sorceress” e “Grim Reaper”, fino al capolavoro synth rock “Magenta Mountain” e allo splendido jazz fusion di “Kepler-22b”, ce n’è davvero per tutti i gusti. In una tracklist così lunga, purtroppo, non mancano le tracce deboli, ma non si può avere tutto dalla vita!
NOFX – Double Album
punk rock
Come sopra, vedi per i Melvins. Possedendo la discografia completa dei NOFX, ogni nuova uscita è al tempo stesso un salto nel buio e un ritorno in territori confortevoli. Compagno del “Single Album” dello scorso anno, questo rappresenta il teorico secondo disco di un ideale “Double Album” (guarda un po’). La qualità delle canzoni è alta, anche se, purtroppo, funziona più come raccolta di brani pubblicati negli ultimi 4-5 anni e riregistrati, che come nuova uscita tout court.